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Cosa ha di speciale la sala prove secondo il batterista dei Police?

Estratto dall'intervista a Stewart Copeland per la rivista Rolling stone:

Qualche anno fa suonavo in un garage trasformato in sala prove. Era una piccola stanza rettangolare, quasi un corridoio, sommersa di piramidali, cocci di birra e poster di concerti improbabili. C’era anche una maschera di David Hasselhoff, ma nessuno sa dire come sia arrivata lì. In un posto così non c’è niente che non sia speciale: sonorizzare l’ambiente, costruire l’impianto elettrico, accendere la prima volta l’amplificatore, è davvero complicato spiegare la gioia che prova una band mentre costruisce il suo nido, il suo rifugio. Ed è a quel corridoio ricoperto di amplificatori che torna la mia memoria mentre intervisto Stewart Copeland, Adrian Belew, Mark King e Vittorio Cosma, i quattro Gizmodrome, una band nata in Italia e che ora si appresta a partire per il suo primo tour.

Il progetto esiste proprio grazie alla sala prove e alle sensazioni che si provano lì dentro. Libertà, gioia, cazzeggio, è questo che ha portato Copeland e soci a prendere un aereo per venire qui, a Milano, a registrare un disco e ora a preparare un tour. Li aspetto nell’anticamera di uno studio in zona navigli, e il primo ad arrivare sul posto è proprio il batterista dei Police. «Adesso prenderò due caffè, poi mi metterò proprio lì accanto a voi», dice scendendo le scale dell’ingresso, come una di quelle persone che annunciano le proprie azioni. Io, un po’ per rompere il ghiaccio, un po’ per non soccombere all’ansia di dover intervistare in un colpo solo membri di Police, King Crimson, Talking Heads, Level 42 ed Elio e le storie tese, gli chiedo se due caffè siano sufficienti per le doppie prove che lo aspettano.

Che cos’ha di speciale la sala prove?Cosma: L’artigianato. Non ci sono sequencer, basi, è tutto suonato.Belew: Oggi gli album sono fatti in maniera molto diversa. Si lavora sempre in multitraccia, tutto è intonato digitalmente…Copeland: Si sono perse tutte le imperfezioni.King: Io sono cresciuto in un’epoca in cui erano proprio quelle le cose più affascinanti dei dischi! Andavi a cercare come un archeologo: “Ecco, qui John e Paul hanno sbagliato il coro!”. Quando si registrava su nastro e il brano era troppo lungo, si incollavano due bobine diverse e questo generava suoni strani. Un ottimo esempio è Whole Lotta Love dei Led Zeppelin, c’è un punto in cui la voce di Plant si distorce, ed era tutta colpa del nastro. Oggi non succederebbe mai, è una merda!Copeland: Anche con i Police è successo, la parte operistica in Does Everyone Stare. Stavamo registrando a casa mia, era un disastro di cavi collegati dappertutto. A un certo punto una voce è arrivata attraverso un amplificatore, un’interferenza. Sting è andato fuori di testa, l’abbiamo messa nel disco solo per questo.


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